Premessa
Nelle grandi città sta divenendo prassi ormai comune l’utilizzo, da parte di privati, dei propri appartamenti, ancorché inseriti in normalissimi contesti condominiali, per l’esercizio di attività di affitti, brevi, case vacanze (CAV) creando così una fattispecie completamente nuova rispetto alla normale prassi condominiale, con disagi visibili agli altri condomini: poco rispetto per le parti comuni; grandi affluenze di turisti con valige a tutte le ore; schiamazzi, poco rispetto per il regolamento condominiale e sensazione di poca tutela, in generale, per la sicurezza dell’edificio e dei proprietari.

Si profilano quindi nuove tematiche e potenziali fonti di litigiosità in tema condominiale, derivante da questa nuova modalità di utilizzo degli appartamenti. È quindi bene analizzare, sotto il profilo giuridico, questa tematica, nonché quelli che sono i diritti dei condomini e dei proprietari che intendono assoggettare il loro immobile a questa nuova fattispecie locativa.

È possibile utilizzare un proprio appartamento per affittanze brevi o è una gestione dell’immobile contra legem?

Utilizzare un appartamento per affitti brevi, locazioni transitorie di cui all'articolo 5 della legge 431/1998 o turistiche, senza somministrazione di servizi "para alberghieri", non costituisce infatti attività assimilabile a quella alberghiera. In questo senso, Cass., sent. 28 settembre 2017, n. 22.711, secondo cui se il regolamento condominiale vieti «di destinare i locali a uso diverso da privata civile abitazione» e, pertanto, «di darli in affitto o subaffitto sotto forma di pensione o di albergo», ciò non incide sulla possibilità di locare gli stessi per brevi periodi o in modo saltuario, non rientrando tale tipo di locazione nel divieto in questione. Sono proprio, chiarisce la Cassazione, fattispecie giuridiche differenti.

Sul tema specifico degli "affitti brevi" ex D.L. 50/2017, si veda anche la pronuncia del Tribunale di Milano, Sez. XIII, 10 maggio 2024, n. 4974 che ha ulteriormente chiarito che la clausola contrattuale che vieti di destinare i locali a casa alloggio non preclude la stipula di contratti di locazione breve o transitori. Tali tipologie locatizie invero non implicano l'offerta di "servizi alberghieri".

Nello stesso senso Tribunale di Milano, Sez. XIII, 7 settembre 2021, n. 7128, secondo cui la clausola che vieti l'esercizio dell'affittacamere, dell'attività di locanda, pensione o albergo, non è opponibile al proprietario che conceda immobili mediante affitti brevi.

Negli stessi termini anche Tribunale di Milano 12 dicembre 2019, n. 11.624, secondo cui l'affitto breve (D.L. 50/2017) e l'affitto turistico, nulla hanno a che vedere con l'attività ricettivo alberghiera o extralberghiera (pensione, affittacamere e B&B).

La richiamata pronuncia del Tribunale di Milano, n. 11624/2019 ha tuttavia ravvisato il divieto all'attività di affitto breve e affitto turistico, sotto il diverso profilo della violazione della tranquillità, del decoro e della sicurezza del condominio, tenuto conto dei danni che gli ospiti creavano alle parti comuni condominiali in termini di danni sui muri dei corridoi, danni all'ascensore, oltre rumori, multe per l'errata raccolta dell'immondizia e altro. Si legge nella pronuncia del Tribunale di Milano n. 11624/2019 che la tutela del "decoro" cui si riferisce il regolamento riguarda: "…quell'insieme di comportamenti di convivenza civile e di rispetto per gli altri che consentono una vita dignitosa all'interno del condominio…". Per il Tribunale di Milano ad essere oggetto di tutela sono i disagi, accertati in istruttoria, cui sono sottoposti i condomini: continui arrivi e partenze a tutte le ore del giorno della notte; assembramenti nell'atrio condominiale; rumore da trascinamento delle valige; il vociare degli ospiti agli arrivi alle partenze; l'errata raccolta differenziata dei rifiuti; l'abbandono di sacchi della spazzatura sui pianerottoli; le urla e i colpi sulla porta degli ospiti rimasti chiusi nel cortile.

Su quest'ultimo argomento la pronuncia del Tribunale di Milano risulta del tutto peculiare e si innesta nel filone giurisprudenziale secondo cui la violazione del "decoro" ancorché non possa essere valutata aprioristicamente e in astratto, con riferimento a una attività, può tuttavia essere valutata in concreto, caso per caso.

Inoltre, un orientamento giurisprudenziale che si va consolidando, pur con importanti questioni rimaste tuttora irrisolte, «le clausole contenute in un regolamento condominiale di formazione contrattuale, le quali limitino la facoltà dei proprietari delle unità singole di adibire il loro immobile a determinate destinazioni, costituiscono servitù reciproche a favore e contro ciascuna unità immobiliare di proprietà individuale, e sono soggette, pertanto, ai fini dell'opponibilità erga omnes, alla trascrizione in base all'articolo 2643 Codice Civile, n. 4, e articolo 2659 Codice Civile, primo comma, n. 2» (Cass., sent. 9 agosto 2022, n. 24526).

Se la servitù non è riportata in tutti gli atti notarili di frazionamento dell'edificio, la menzione dell'esistenza nel solo regolamento condominiale contrattuale che la contiene, non è più sufficiente a renderla opponibile ai terzi, ma occorre una apposita nota di trascrizione dedicata alla servitù, che menzioni i vincoli, (cioè i divieti), in modo chiaro ed esplicito. Ci si riferisce al divieto di svolgere l'attività di Bed & Breakfast o attività similari o finanche alle locazioni brevi o turistiche.

Le limitazioni devono essere enunciate nel regolamento in modo chiaro ed esplicito, dovendosi desumere inequivocabilmente dall'atto scritto, ai fini della costituzione convenzionale delle reciproche servitù, la volontà delle parti di costituire un vantaggio a favore di un fondo mediante l'imposizione di un peso o di una limitazione su un altro fondo appartenente a diverso proprietario.

Il contenuto di tale diritto di servitù si concreta nel corrispondente dovere di ciascun condomino di astenersi dalle attività vietate, quale che sia, in concreto l'entità della compressione o della riduzione delle condizioni di vantaggio derivanti come qualitas fundi, (cioè, con carattere di realità), ai reciproci fondi dominanti, e, quindi, indipendentemente dalla misura dell'interesse del condominio o degli altri condòmini a far cessare impedimenti e turbative.

Non essendo il comportamento dell'inquilino o dell'ospite all'interno dei locali imputabile al proprietario, ne consegue che di eventuali danni provocati dall'inquilino o dall'ospite al condominio, (danni all'ascensore, o nell'uso delle cose comuni) o ai terzi o di eventuali rumori e schiamazzi, risponde verso i condòmini (o i terzi) prima di tutto il conduttore o l'ospite, (articolo 2043 cod. civ.).

La disposizione da ultimo richiamata prevede che qualunque fatto doloso o colposo, che cagioni ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto al risarcimento del danno. L'azione dovrebbe essere intentata dunque dal condominio direttamente contro l'ospite, trattandosi di azione personale ex art. 2043 c.c. (responsabilità aquiliana o extracontrattuale).

D'altra parte, per la giurisprudenza, il locatore è responsabile soltanto quando - già al momento della stipula del contratto di affitto - sia consapevole di un uso illegittimo che l'inquilino avrebbe fatto della cosa locata.

Conclusioni

La querelle giurisprudenziale di cui abbiamo detto, non facilita la gestione degli affitti brevi in condominio; ne tale utilizzo può essere vietato, in quanto non assimilabile all’attività alberghiera né si pone in violazione con il Codice civile o con la legge 392/78. Ne è pensabile stabilire, con l’unanimità di tutti i proprietari, il divieto di esercizio di locazioni brevi.

Per rendere l'accordo opponibile ai terzi, (cioè, ai successori nella proprietà o nei diritti reali), si dovrebbe poi procedere alla trascrizione. Quest'ultimo adempimento richiede la predisposizione dell'accordo mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata.

Inoltre, il rispetto del regolamento condominiale compete non solo al proprietario, ma all’inquilino in proprio, che esso detenga l’immobile a titolo di locatario per breve o lunga durata, né il proprietario può essere ritenuto responsabile, salvo che si dimostri che, precedentemente alla stipula del contratto, il conduttore ne avrebbe fatto un uso improprio.

Nel caso in cui la presenza di unità immobiliari adibite a locazioni brevi fossero effettivamente intollerabili, si può suggerire di indirizzare tutti i condomini verso la strada del buon senso, vale a dire convincere i proprietari di immobili ad uso affitti brevi a potenziare a loro spese i servizi di sicurezza o pulizia, e di vigilare con proprio personale sul corretto rispetto del regolamento condominiale.

Qualora la strada del buon senso non possa essere perseguita, non rimane che esaminare attentamente i titoli e il regolamento (già esistente) e se del caso rivolgersi ad un legale per la cessazione dei comportamenti molesti.

 

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